domenica 8 gennaio 2017


Donne in fuga Ci stiamo abituando a vedere i corpi dei bambini naufraghi, immobili: è questa l’immagine più dura, più disumana, più intollerabile per tutti coloro che hanno a cuore il valore della vita. Abbiamo toccato il fondo ma la risalita non è ancora iniziata. I nuovi dati 2016 sulle tragedie in mare non lasciano spazio a incertezze o speranze: almeno 600 bambini e 3800 adulti avrebbero già perso la vita o risulterebbero dispersi nel Mediterraneo, che si conferma il cimitero dei disperati in fuga da guerre e povertà nel sud del mondo. Ma questo non è un processo solo europeo. C’è un altro confine, fra Stati Uniti e Messico, dove ogni anno centinaia di persone muoiono nel tentativo di attraversarlo. Quasi sempre partono dall’America centrale per raggiungere un familiare negli Stati Uniti. Molti non ce la fanno, uccisi dagli stenti o venduti ai trafficanti di esseri umani. È esattamente a tutti loro, e in particolare alle donne che emigrano, doppiamente vittime, che abbiamo voluto dedicare questo numero di «donne chiesa mondo», l’ultimo di quest’anno: alle persone in fuga che, spostandosi in massa, modificano la geografia dei confini e la geopolitica mondiale, scompongono gli equilibri e ci costringono a ripensare i nostri valori più profondi. Il filo che lega le storie di donne che proponiamo riguarda la solitudine del percorso, dove velocemente dalla speranza della partenza si entra in un vero e proprio calvario in nome della vita futura. Abbandonate a se stesse, intrappolate alle porte dell’E u ro - pa o dell’America o in fuga dai paesi asiatici, queste migranti sono vittime impotenti di violenze continue. Loro malgrado, queste donne sono protagoniste di uno dei capitoli della terza guerra mondiale evocata dal Papa. Diciamolo dunque. Ammettiamolo. Non ci illudiamo più: possiamo anche alzar muri sempre più alti, ma gli spostamenti di persone proseguiranno. Non si tornerà indietro. E cominciamo a pensare a nuove politiche, a interventi di integrazione seri, a una pastorale migrante che accompagni lungo tutto il percorso donne e bambini. In una parola, le persone “scartate”. (silvina pérez)

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